Sciascia, l’acqua in Sicilia è materia per i poeti
Tipologia:  Articolo
Testata:  la Repubblica / Palermo
Data/e:  domenica 18 febbraio 2018
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
Tra gli scritti che Leonardo Sciascia riservò al dramma e al destino della crisi idrica in Sicilia (oggi scandalosamente attuale) c’è il saggio, lucidamente amaro, che apre il raro volume “Acque di Sicilia”.
In quelle 193 pagine pubblicate in formato orizzontale dalle edizioni Dalmine nel 1977, la contemporanea sequenza fotografica di acque siciliane (fiumi, laghetti, torrenti) della genovese Lisetta Carmi, facendo a meno di ogni didascalia, testimonia che l’idrografia siciliana non è che una mitografia.
Perché in Sicilia, sostiene Sciascia, l’acqua è soprattutto “memoria d’acqua”, il mito della civiltà idrica di Idrisi, di Ibn Hamdis, di quegli autori arabi che Michele Amari raccolse nella sua “Biblioteca arabo-sicula”.
Una mappa più fantastica che reale evocata soprattutto dai poeti , da Antonio Veneziano a Quasimodo, e mai da un narratore. Può forse uno scrittore siciliano pensare un racconto o un romanzo che abbia a che fare con un fiume? Sciascia è sicuro che non può.
Perché se è vero che in Sicilia i fiumi appartengono solo “ai verdi paradisi perduti” dell’infanzia dell’isola, questo significa che su quei fiumi si può “fare poesia e non mai prosa”. Oppure un poetico album fotografico come questo.
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