Quel reportage di Fusco sulla mafia anni Sessanta
Tipologia:  Articolo
Testata:  la Repubblica / Palermo
Data/e:  10 giugno 2018
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
Era il 6 agosto del 1962 quando il settimanale “Rotosei” pubblicò un ciclo d’inchieste su “nomi e fatti” della mafia siciliana. Fu uno dei primi (e oggi dimenticati) reportage da rotocalco sull’argomento, corredato di foto impressionanti, come quella del cadavere del pastorello Riccobono fissato da Scafidi. A scriverlo sul campo fu il milanese Francesco Fusco (classe 1936), conosciuto più come vittima di un errore giudiziario ai tempi di Tangentopoli che per la sua collaborazione con Giuseppe Fava (su “L’Espresso Sera”) e, nel 1964, con il quotidiano palermitano Telestar. La sua vicenda da Giobbe cominciò nel 1992, quando egli da giornalista era diventato un dirigente dell’Agusta Srl. Fu incarcerato due volte per una presunta “corruzione di persone ancora da identificare” dal Pm Vinci (che poi finì a sua volta inquisito), e pienamente assolto tre anni dopo. Il suo estremo j’accuse, vibrante come i suoi primi articoli, è una lettera del 2009 al presidente Napolitano scritta “perché eviti che i pm rovinino altre vite oltre la mia”. Non ricevette risposta e morì nel 2012 senza poter ritirare gli 8000 euro previsti dallo Stato come indennizzo per il suo calvario.
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