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Pino Mercanti, palermitano di cappa e spada

Pino Mercanti, palermitano di cappa e spada

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Tipologia:  Articolo

Testata:  La Repubblica, ed. Palermo

Data/e:  14 dicembre 2014

Autore:  Umberto Cantone

Articolo: 

Di Pino Mercanti, cineasta di Palermo nato nel 1911, si sa davvero poco. I suoi film sono oggi ricordati solo da uno sparuto numero di sovreccitati “stracultori” del cinema di genere. E c’è chi lo confonde col grottesco personaggio del Ritorno di Cagliostro di Maresco & Ciprì, uno sgarrupato Ed Wood isolano, sacrificato sull’altare di ambizioni para-hollywoodiane. In verità, a Mercanti, caparbio e ingegnoso cineartigiano, vanno ascritti almeno due meriti: quello di aver contribuito a fondare la mitica Organizzazione Filmistica Siciliana, la casa di produzione che aspirò a piazzare per breve tempo la Sicilia nell’alveo della cinematografia italiana rinata dopo i Telefoni bianchi, e quello di avere girato l’efficace mélo verista Malacarne (1946), con Otello Toso e Amedeo Nazzari, anticipando la linea del neorealismo rosa che ha avuto in Riso amaro (1948) e nel Matarazzo touch i suoi prototipi riconosciuti.

Di Mercanti sono pure le uniche cineversioni della saga dei Beati Paoli di Natoli, girate tra Palermo e Agrigento, e ambite dai cinefili che se le contendono in rovinate copie clandestine.

A colmare la lacuna della tardiva edizione in dvd dei suoi film (una ventina tra avventurosi, mélo, musicarelli e un western), ha provveduto la Cecchi Gori Home Video che, nella collana Cristaldi Film, ha pubblicato alcune perle della serie B nostrana. E così arriva sul mercato Il vendicatore mascherato, raro titolo risalente al 1963, e quindi al periodo di Hollywood sul Tevere, quando Mercanti, reduce dal fallimento dell’impresa sicula, si era trasferito definitivamente a Cinecittà e dintorni, a caccia di coproduzioni francesi e soprattutto spagnole.

Si tratta di un cappa e spada ambientato nella Venezia dominata dal crudele doge Gradenigo (Gastone Moschin, superbo villain), abituato a liquidare i suoi oppositori dopo averli debitamente torturati, con la procace moglie Lisa Gastoni (ante Grazie zia) innamorata di Guy Madison, l’eroe sovversivo del titolo. Il filmetto scorre a meraviglia, limpidamente avvincente e manicheo alla maniera di quei feuilleton per i quali, durante il boom dello Strutturalismo, stravedeva Umberto Eco semiologo.

Non è certo il migliore di Mercanti, ma è un viatico per conoscere il mestiere ispirato di questo cineasta palermitano, occultato dal circuito mediatico, in attesa del suo smascheramento critico che dovrebbe rivalutarne la singolare figura, si spera entro la data fatidica dell’anniversario di morte, avvenuta il 3 settembre 1986 a Roma.

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