L’ossessione del tempo nei versi di Uccello
Tipologia:  Articolo
Testata:  la Repubblica / Palermo
Data/e:  domenica 27 maggio 2018
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
La lotta col tempo fu l’ossessione più felice e sofferta di Antonino Uccello, etnoantropologo e poeta di Canicattini Bagni. Felice fu l’impresa della Casa-museo di Palazzolo Acreide, dove egli catalogò per animarli attrezzi e manufatti della tramontata civiltà contadina.
E invece fu fonte di sofferenza, nel 1979, la momentanea chiusura, dovuta all’indifferenza di politici e accademici, di quel laboratorio di memoria viva (oggi nuovamente operante) che forse accelerò la prematura morte del suo artefice.
È una malinconica e inappagata fame d’immanenza ad animare la sua opera poetica (fin dalla raccolta Triale che Scheiwiller gli pubblicò negli anni lombardi).
Ne rintracciamo la musica limpidamente inquieta in quei 12 frammenti d’un amore che compongono la rara plaquette edita da Akrai nel 1967 in 130 copie, impreziosita da una litografia di quell’Ernesto Treccani che fu pittore dei ritratti più convulsi di Uccello. E di certo non è un caso che La casa di Icaro, il suo ultimo libro autobiografico, si apra con questa citazione del prediletto Gramsci dei Quaderni del carcere: “Insomma il tempo mi appare come una cosa corpulenta, da quando lo spazio non esiste più per me”.
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