Il tenore imbianchino che fu star del varietà
Tipologia:  Articolo
Testata:  la Repubblica, ed. Palermo
Data/e:  24 dicembre 2017
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
Uno dei pochi a ricordarsi di Andrea Zazzano, tenore di Termini Imerese, è stato il futurista napoletano Francesco Cangiullo che gli dedicò un capitolo del suo “Le novelle del varietà”.
In quel libro ormai raro del 1938 scopriamo che Zazzano lavorava come imbianchino quando gli fu proposto un debutto napoletano al “Trianon” da un agente teatrale di quella città che lo aveva visto esibirsi alla Trattoria Biondo di Palermo.
Tra gli anni Venti e Trenta, il suo talento fu molto apprezzato grazie ai dischi incisi con il gruppo palermitano “Operette-Varietà”. E questo finché un giorno, irretito da una maestra di canto, il nostro decise di abbandonare i fasti del varietà per darsi all’opera lirica.
Una velleità che lo gettò sul lastrico costringendolo a un ritorno alle origini. Così accettò un impiego da imbianchino al romano Teatro Valle dove un giorno, mentre decorava canticchiando mestamente “Fenesta che lucive e mo’ nun luce”, fu sorpreso dal suo primo talent scout che, commosso, lo riportò in scena.
La sera stessa della rentrée al Capranica, Zazzano dovette subire un minaccioso ammonimento dal suo mentore che, scrive Cangiullo, alludeva all’impalcatura sulla quale aveva ritrovato il tenore imbianchino:“Si ‘te faie pròrere ‘a capa n’ata vota, te votto abbascio ‘a coppa ‘a ll’anneto!”
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