Il puzzle col porno ritrovato – “Porno uber alles” di Salvo Cuccia ai Cantieri alla Zisa
Tipologia:  Articolo
Testata:  la Repubblica / Palermo
Data/e:  sabato 25 maggio 2019
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
A Stan Brakhage, maestro americano della sperimentazione cinematografica, piaceva paragonare i film ai conigli. E nel tirare in ballo il simbolo animale dell’ardore sessuale si riferiva alla capacità dell’immagine in movimento di riprodursi in modo incontrollato, alludendo nel contempo alla qualità di prestigiatore che ogni regista, da Mèliès in poi, possiede.
Una qualità che ritroviamo tutta nel gesto di promiscuità cinefila, dal retrogusto illusionistico, compiuto da Salvo Cuccia, filmmaker siciliano votato, da più di 25 anni, alla ricerca e all’ibridazione tra pellicola e cinema digitale lungo un coerente percorso di attraversamento dei linguaggi del documentario, della fiction e della videoarte.
Frutto di una lunga elaborazione concettuale e capitolo del progetto ancora in progress “La pelle del tempo”, il suo “Porno über alles” (titolo che sarebbe piaciuto a Kenneth Anger, altro demiurgo dell’underground) è un evento imperdibile offerto oggi (ore 22,30) allo Spazio Franco dei Cantieri alla Zisa nell’ambito dello stimolante festival internazionale di musica elettroacustica “Electroshock” ideato da Lelio Giannetto (una seconda tappa è in programma sabato 1 giugno alle 23 nel programma del Sicilia Queer Filmfest).
Si tratta di un cinematografico gioco di prestigio dove a saltare fuori dal cilindro, appunto come conigli, sono i frammentati prototipidi quel genere di pellicole, sommariamente definite “porno” ma che è corretto chiamare “hardcore”, in voga dalla metà degli anni Settanta fino alle soglie del Duemila.
Diciamo subito che resterà deluso chiunque si aspetti un pruriginoso montaggio di lacerti vintage delle Moane e Ciccioline che fecero l’impresa, una beffarda antologia nostalgica da Porno Cinema Paradiso dove ai baci si sostituiscono i coiti.
L’unico sapore tornatoriano che esibisce questo sofisticato mélange cinematografico di 50 minuti sta infatti nella vicenda familiare che lo genera.
I pezzi di pellicole in 35 mm (sequenze di film e di trailer) utilizzati da Salvo provengono dai magazzini dell’impresa del padre Piero e del nonno, il cinema Cuccia di Villafrati operante dagli inizi degli anni ’50 fino al 1995.
Un cordone ombelicale che ci fa capire quanto il vero atto di amore, insieme mentale e fisico, condotto da “Porno über alles” non riguardi ciò che mostra (immagini sovrapposte e sgranate di una fisicità impudica che si fa concretamente astratta), ma invece risieda, autobiograficamente, nell’intenzionalità affettiva e intellettuale che l’ha generato.
C’è insomma il paradigma cinema-vita (tipico di ogni gesto da appropriation art) a ispirare questo film-concerto, presentato in forma di vera e propria performance dal regista in collaborazione con il musicista Gandolfo Pagano.
E c’è un corpo a corpo, più sensuale che sessuale, con la materia di cui una volta erano fatti i film, ancora non trasformati in impalpabili griglie di pixel.
Cuccia manipola digitalmente i suoi scarti, provenienti dal tesoretto di famiglia, fino a trasfigurarli per conferire loro una nuova qualità visuale (che a tratti ricorda certe ambiguità surrealiste), però senza mai rinunciare a esibire quella particolare trasparenza che racconta l’impudica, materica evidenza del porno.
Lo fa, con volontà situazionista, utilizzando soprattutto le code di questi rulli, la parte più residuale e “metafisica” della pellicola, che è pure quella utile al concreto funzionamento della proiezione.
Lo fa perché il cinema possa risorgere dalle proprie ceneri, perché le immagini possano rinnovarsi figliando altre immagini (come i conigli di Brakhage) e, innestandosi corporalmente nella memoria, possano dare luogo e forma alla grande magia che per tanti anni il cinema ha inseguito: far coincidere il tempo dello scorrimento della pellicola con il tempo del vivere.
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