Il mistero Giuliano visto da un ex 007 scozzese
Tipologia:  Articolo
Testata:  La Repubblica, ed. Palermo
Data/e:  26 marzo 2017
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
A ricordare quel bestseller internazionale di 60 anni fa sono rimasti qualche mafiologo e studioso di cose siciliane, assieme ai cacciatori di rarità da bancarella.
Eppure suscitò non pochi clamori “Dagli amici mi guardi Iddio”, biografia romanzata di Salvatore Giuliano scritta dall’allora 34enne Gavin Maxwell, un aristocratico giornalista scozzese appassionato di ambiente e con un passato da agente segreto, poi diventato celebre come letterato naturalista per la sua trilogia di “Ring of Bright Water” che ha venduto milioni di copie e conta ancora entusiastici cultori.
Nonostante qualche reticenza e imprecisione, quel libro uscito nell’aprile del 1957 per i tipi Feltrinelli (con la traduzione dello scrittore engagé Luciano Bianciardi) contribuì a far leggere l’affaire Giuliano innanzi tutto come un mistero italiano e non solo siciliano, i cui drammatici risvolti resero urgente la denuncia della collusione tra banditismo, mafia, partiti al potere e istituzioni governative.
Per la sua indagine, Maxwell visitò scrupolosamente il territorio delle imprese di Turiddu & co., interrogando testimoni preziosi ed esaminando numerosi documenti: lo fece utilizzando cautele da ex 007 una volta al servizio di Churchill e una innata arguzia da etnologo.
Nel ripercorrere la parabola del Re di Montelepre, dall’uccisione del carabiniere a San Giuseppe Jato fino all’ingannevole ritrovamento del cadavere nel cortile Di Maria a Castelvetrano, “Dagli amici mi guardi Iddio” ne descrive il contesto politico e culturale, ridicolizzando omertà private e pubbliche, evocando trattative segrete che annodarono rappresentanti dello stato a banditi e mafiosi, e sottolineando le menzogne ufficiali che occultarono le responsabilità politiche per tragici eventi nodali come la strage di Portella Della Ginestra.
Intervistato sulle colonne de “L’Ora” qualche mese dopo l’exploit editoriale, in occasione di un ricevimento palermitano per i 27 anni della regina Elisabetta, Maxwell ammise al giornalista Mino Bonsangue di essere finito su una lista nera relativa ad altolocati “ambienti facilmente individuabili e immaginabili” per via del suo polemico libro siciliano. Poi si rifiutò cortesemente di rispondere a domande sul testamento di Gaspare Pisciotta e dichiarò di essere ritornato nell’isola non per occuparsi dei suoi mali persistenti, quelli della mafia e della povertà (così sostenne), ma della rinomata pesca del tonno in vista della pubblicazione di un più pacificante reportage.
Fatto sta che quella su Giuliano, prima della prematura scomparsa a 55 anni per cancro, fu la sua ultima inchiesta.
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