I promessi sposi / Storia della Colonna Infame di Alessandro Manzoni – Edizione 1840
Autore/i:  Alessandro Manzoni
Tipologia:  Romanzo
Editore:  Tipografia Guglielmini e Redaelli
Origine:  Milano
Anno:  1840
Edizione:  Prima della "Quarantana" riveduta dall'Autore e prima edizione assoluta della "Storia della Colonna Infame"
Pagine:  864
Dimensioni:  cm. 25 x 12
Caratteristiche:  Legatura coeva in mezza pelle con titoli e fregi in oro al dorso, grande antiporta allegorico e vignetta al frontespizio, testo incorniciato da doppio filetto, con ampi margini.
Note: 
È la prima edizione “risciacquata in Arno” de I Promessi sposi e la prima edizione assoluta di Storia della Colonna infame di Alessandro Manzoni.
Illustrazioni incise in legno di Francesco Gonin e di Luigi Bisi, Paolo e Luigi Riccardi, Giuseppe Sogni, Federico Moia, Massimo D’Azeglio, Louis Boulanger. La sistemazione delle immagini di questa edizione della Guglielmini e Redaelli avvenne con la supervisione dello stesso Manzoni.
Apparso in 108 dispense dal novembre 1840 al novembre 1842 con una tiratura di 10.000 copie.
La copia presenta qualche fioritura mai deturpante. Lo stato di conservazione è più che buono.
« Ti dirò che Manzoni stesso ha fatto il lungo e nojoso lavoro di scegliere i soggetti e la grandezza dei disegni in modo che combinassero col testo dell’edizione. » (da una Lettera di D’AZEGLIO a GONIN del 1839)
In 4° pp. 864. Testo riquadrato da duplice filetto, antiporta figurata incisa su legno e frontespizio con vignetta xilografica. Circa 450 illustrazioni xilografiche intercalate n.t., disegnate da Francesco Gonin (350), Paolo e Luigi Riccardi, Boulanger, Massimo d’Azeglio, Luigi Bisi, Giuseppe Sogni, Federico Moia, ed incise da Luigi Sacchi e da Bernard, Pollet, Loiseau, Victor, Sheeres. Edizione originale della cosiddetta “Quarantana”, il testo definitivo dei Promessi Sposi dopo la “risciacquatura dei panni in Arno” cui Manzoni sottopose il proprio romanzo, depurandolo dai molti lombardismi ed arcaismi eccessivamente ricercati della Ventisettana e improntandolo a quella veste linguistica di media toscanità che fu poi letterariamente normativa ancora sino al primo Novecento. La Storia della Colonna Infame (pp. 747 e sgg.) compare in edizione originale.
Mentre a Lugano, Torino, Firenze si fecero parecchie edizioni di questo celebre romanzo, a Milano, dove si pubblicò la prima edizione nel 1825 – 26, e dove risiedeva l’autore, non si fece una seconda edizione che nel 1840. In quest’ultima si fecero molte correzioni specialmente nella lingua, e si aggiunse la Storia della Colonna Infame, per la prima volta pubblicata.
GONIN ILLUSTRATORE DELLA «QUARANTANA»
I Promessi Sposi è probabilmente la prima opera letteraria ad essere strutturata come una moderna sceneggiatura, grazie al chiaro svolgimento della trama ed alla rigida concatenazione degli episodi che, presi a se stanti, assomigliano a dei veri e propri quadri pittorici o frames cinematografici. E diverse sono state le rappresentazioni del romanzo storico di Manzoni nelle Arti Visive, dalla pittura, al cinema contemporaneo, fino allo sceneggiato televisivo: oltre che ad un capolavoro letterario, siamo di fronte ad uno dei più celebri prodotti di intrattenimento e divulgazione della cultura popolare in Italia.
La riproducibilità tecnica della stampa contribuì alla diffusione su larga scala di uno dei primi bestseller della storia dell’editoria, destinato alla nuova borghesia desiderosa di costruire, affermare ed accrescere la propria identità sociale anche attraverso il consumo dei nuovi prodotti della cultura di massa, serialmente riproducibili e, in quanto tali, tipica espressione della moderna civiltà industriale. Infatti, la fortuna “popolare” del romanzo manzoniano fu in gran parte dovuta alle numerose riduzioni e rappresentazioni visivo-figurative dell’opera che, essendo più facilmente fruibili e immediate rispetto al testo letterario, consentirono la sua capillare diffusione in tutti gli strati sociali. Sino ad oggi il testo letterario del Manzoni è stato rappresentato attraverso il teatro, la musica lirica, il cinema, i fotoromanzi, i fumetti, la televisione, fino ad arrivare alle cartoline postali ed agli spettacoli di burattini: “I 25 lettori-modello auspicati dal Manzoni si sono così trasformati in molti milioni di consumatori, impegnati ai diversi livelli della pluralità di accostamenti consentiti dal romanzo”.
Già a partire dalla “Ventisettana” (la prima edizione a stampa del 1827 edita da Vincenzo Ferrario), il Manzoni pensò al suo romanzo come ad un vero e proprio libro illustrato: conteneva solo sei disegni, che divennero però ben quattrocento con l’edizione definitiva, la “Quarantana”, pubblicata in dispense quindicinali tra il 1840 e il 1842 presso gli stampatori Guglielmini e Redaelli, nella quale l’Autore decise in prima persona i soggetti da rappresentare e la loro esatta collocazione all’interno delle pagine. Dopo il fallimento di una trattativa con il suo ritrattista ufficiale, il pittore veneziano Francesco Hayez, maggiore esponente della scuola di Pittura Storica (che pure dipinse nel 1845 un pregevole “Ritratto dell’Innominato”), l’artista sul quale il Manzoni puntò per illustrare I Promessi Sposi fu il pittore piemontese Francesco Gonin (1808-1889), nelle cui illustrazioni (definite “vignette”) lo scrittore riscontrò l’esatta corrispondenza fra il registro “parlato” del linguaggio del romanzo e il livello popolare (e quindi divulgativo) delle immagini proposte dall’artista, il quale raffigurò con minuziosa dovizia di particolari – ma sempre sotto la guida e le precise indicazioni dello scrittore – i personaggi, i paesaggi, le ambientazioni e le vicende dei Promessi Sposi.
Il rapporto di grande intesa instauratosi fra lo scrittore e l’artista consentì al Manzoni di dotare il suo romanzo di un vasto corpus iconografico, guidando sapientemente la mano del pittore nella realizzazione delle illustrazioni: i disegni del Gonin, riprodotti con la nuova tecnica della xilografia, sono dotati di grande forza comunicativa, capace di schiudere alla fantasia del lettore un universo variegato di volti e fisionomie sempre diverse. Il Gonin fu in grado di interpretare alla perfezione la psicologia dei personaggi, passando in rassegna e rappresentando in maniera completa tutti i registri espressivi messi in gioco dal Manzoni: dall’ironico al grottesco, dal solenne all’ascetico, dal melodrammatico al torbido, modulando il suo tratto con sapiente maestria. In particolare l’ironia, tanto cara al Manzoni, divenne un efficace strumento di coinvolgimento del lettore proprio grazie alle illustrazioni: la vignetta alla fine dell’introduzione è davvero emblematica, in quanto rappresenta lo stesso scrittore, in camicia da notte e pantofole, intento a sfogliare il romanzo davanti a un camino.
Le raffigurazioni del Gonin (che oggi è possibile ammirare presso la Sala IX del Museo Civico Manzoniano, presso Villa Manzoni al Caleotto di Lecco), sono nette, nitide e rispondono fedelmente alla rappresentazioni descritte nel testo manzoniano, concentrandosi unicamente sui ritratti dei personaggi: per volontà dello scrittore non contengono didascalie, in quanto dovevano essere solo la rappresentazione visiva del testo scritto, ma rendono palpabile la realtà storica descritta dal Manzoni sulla base dello studio dei dipinti seicenteschi. All’illustrazione dell’edizione del 1840, oltre al Gonin, lavorò anche Massimo D’Azeglio (1798-1866), scrittore e illustre uomo politico, ma anche pittore (oltre che genero del Manzoni), coadiuvato da Paolo e Luigi Riccardi, Giuseppe Sogni, Luigi Bisi, Federico Moia e Louis Boulanger.
Nella GALLERY è presente un’ampia antologia delle illustrazioni di Gonin dell’edizione 1840
EDIZIONI STORICHE DEI PROMESSI SPOSI
Dopo la prima edizione dei Promessi Sposi, uscita con una tiratura di 2.000 copie ufficiali nel 1827, Manzoni calcolò che sul mercato ne fossero finite circa 60.000, in una quarantina di edizioni, per così dire, “pirata”. Non esisteva infatti ancora all’epoca il diritto d’autore. Iniziò quindi a pensare ad una seconda edizione, “corretta e riveduta”, che sarebbe effettivamente apparsa, in fascicoli, tra il 1840 e il 1842. Questa definitiva versione non solo comportò l’operazione linguistica consistita nella “risciacquatura dei panni in Arno”, ma anche rappresentò un’impresa editoriale condotta in prima persona dallo stesso autore. Lo scopo del Manzoni, in questo senso, era quello di proteggere la propria opera dalle copie illegali, facendone stampare un’edizione a dispense arricchita da illustrazioni difficili da contraffare. Per queste ultime si accordò infine con il torinese Francesco Gonin, pioniere della litografia in Italia. Le incisioni furono a cura di Luigi Sacchi e la stampa delle dipense fu affidata agli editori Guglielmini e Redaelli: il volume alla fine constò di 864 pagine. la tiratura, altissima per l’epoca, fu di 10.000 esemplari. Ma la fiducia nelle illustrazioni come ostacolo alla produzione di copie illegali non fu alla fine ben riposta, perché non protesse l’opera dai tentativi di contraffazione. L’impresa del Manzoni, che sostenne tutte le spese, si tradusse alla fine in una grave perdita finanziaria, nonostante in pochi mesi fossero state sottoscritte più di 4.000 copie, con un prezzo di copertina, assai alto, di 400 lire.
Tutta la vicenda dell’impresa editoriale manzoniana, con dovizia di documenti inediti o poco noti e cospicuo relativo carteggio, costituiscono il contenuto del volume curato da Marino Parenti sotto il titolo di Manzoni editore. Storia di una celebre impresa manzoniana, edito a Bergamo dall’Istituto Italiano d’Arti Grafiche nel 1945.
Sempre il Parenti, nel 1961, curò un fascicolo che ripercorre la storia delle illustrazioni dei Promessi Sposi, fra cui le celebri vignette del Gonin per la quarantana, le tavole di Tranquillo Crenmona e Luigi Borgomainerio per la ristampa del 1869, i disegni di Gaetano Previati per l’edizione Hoepli del 1900 e infine i disegni di Guttuso per l’Einaudi del 1960.
Sinossi: 
La sera del 7 novembre 1628 don Abbondio, curato d’un borgo montano sulle rive del lago di Como, rientra dalla passeggiata serale. Due bravi di don Rodrigo, signorotto del luogo, lo fermano e gli comandano di non celebrare il previsto matrimonio tra Lucia Mondella e Renzo Tramaglino. Don Rodrigo s’è invaghito di Lucia e ha scommesso con il cugino conte Attilio che la fanciulla sarebbe stata sua. Don Abbondio, che è un uomo pauroso e servile, si dichiara pronto all’ubbidienza e, quando il mattino seguente Renzo si presenta a lui per le ultime formalità, oppone una serie di impedimenti. Il giovane, interrogata Perpetua serva di don Abbondio, riesce a sapere la verità. Renzo comunica subito il fatto a Lucia e a sua madre Agnese. Quest’ultima consiglia a Renzo di rivolgersi all’avvocato Azzeccagarbugli, che al nome di don Rodrigo allontana il giovane. I due promessi tentano allora un matrimonio a sorpresa, ma il tentativo fallisce per la reazione di don Abbondio che sveglia l’intero paese. Nello stesso momento i bravi di don Rodrigo guidati dal Griso falliscono il rapimento di Lucia. Per salvarsi ai due giovani non resta che la fuga. Con l’aiuto di padre Cristoforo, il frate cappuccino confessore di Lucia, lasciano il paese, Lucia diretta a Monza e Renzo a Milano. Da questo momento trascorreranno due anni prima che possano ritrovarsi. Raggiunto il convento di Monza, Lucia è affidata alle cure di Gertrude. Gertrude che è diventata monaca a forza, costretta dalla volontà paterna, ha da tempo una relazione con Egidio, un nobile legato all’Innominato, potente e malvagio signore. Quest’ultimo con l’aiuto di Egidio e Gertrude rapisce per don Rodrigo Lucia, che viene condotta nel suo castello. Al cospetto di lei, della sua disperazione e dignità, alle sue parole che invocano anche per lui, colpevole di orrendi misfatti, la misericordia di Dio, l’ Innominato, già da tempo turbato da un intimo conflitto, vive una notte di crisi profonda. Tutto gli appare insensato e la vita solo una rapida corsa verso la morte. Al mattino, informato dell’arrivo in paese del cardinale Federigo Borromeo, a festeggiare il quale dalle campagne e dai borghi vicini arrivava tanta gente, si reca da lui. Spinto dalle parole affettuose del cardinale l’Innominato piange, lo abbraccia e si sente pronto ad affrontare un radicale cambiamento di vita. L’uomo rinnovato dalla Grazia prevale in lui sull’uomo antico. Decide di aiutare Lucia. L’affida a donna Prassede, moglie del dotto don Ferrante. Renzo, che avrebbe dovuto trovare rifugio in un convento di cappuccini a Milano, giunto in città è rimasto coinvolto nei tumulti di San Martino. Scambiato per uno dei capi della rivolta, mentre veniva condotto in carcere è stato salvato dall’intervento della folla. Sfuggito alla giustizia si è rifugiato a Bergamo dal cugino Bortolo e dietro suo suggerimento ha preso il nome di Antonio Rivolta. La guerra per la successione del ducato di Mantova strazia intanto l’Italia settentrionale coinvolta nella Guerra dei Trent’anni. La carestia e la peste, diffusa dall’esercito dei lanzichenecchi, cominciano a mietere vittime. Renzo, informato che Lucia è a Milano da donna Prassede, lascia Bergamo. Arriva in città quando il contagio è al colmo. Scambiato per un untore si salva saltando su un carro di monatti che lo portano al Lazzareto. Qui ritrova padre Cristoforo, che si prodiga per i malati nonostante sia anch’egli vicino alla fine, don Rodrigo morente e finalmente Lucia. L’ultimo ostacolo alla felicità dei due giovani è il voto di castità pronunciato da Lucia nel terrore della prigionia al castello dell’Innominato. Padre Cristoforo scioglie la giovane dalla sua promessa, che per quanto nobile e sincera, era stata fatta in un momento di grande agitazione e senza tener conto che lei s’era già promessa a Renzo. Una pioggia purificatrice segna la fine dell’epidemia. Tornati al paese, Renzo e Lucia sono sposati da don Abbondio. Dopo il matrimonio si trasferiscono altrove. Li attendono le normali difficoltà della vita, che più maturi e consapevoli sapranno affrontare.
(Tratto da Enciclopedia della Letteratura, Istituto Geografico De Agostini)
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