Del classico P.P.P. / Verso Sade
Tipologia:  Spettacolo
Di:  Pier Paolo Pasolini, Umberto Cantone
Regia:  Umberto Cantone
Location:  Ridotto del Teatro Biondo, Palermo
Data/e:  8-16 ottobre 1996 / 1997
Produzione:  Teatro Biondo Stabile di Palermo
Cast:  DEL CLASSICO P.P.P.: Maria Amato, Vito Di Bella, Danila Laguardia, Emanuele Abbagnato, Marcello Andronico, Antonio Bonanno, Raffaele D'Eredità, Viviana Lombardo, Paolo Ricca / VERSO SADE: Maria Amato, Werner Eckl, Danila Laguardia, Giovanna Coppola, Emanuele Abbagnato, Marcello Andronico, Aurora Falcone, Viviana Lombardo, Manfredi Scaffidi Abbate, Ada Totaro, Paolo Ricca, Andrea Buglisi, Elio Caccamo, Manlio Corrao, Carmelo Galati
Costumi:  Enzo Venezia
Scene:  Enzo Venezia
Note: 
Musiche originali: Mario Modestini
Aiuto regia: Raffaele Androsiglio
Luci: Franco Caruso
Suono: Sergio Beghi
Direttore di scena: Nino Sarri
Fotografie: Nino Annaloro
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DEL CLASSICO P.P.P. (Un recital) di Umberto Cantone
Classico è quel testo o quell’autore che, sfidando i traumi del tempo, si dispone a essere avvertito (anche quando non amato) come necessario.
Classico è Pasolini, autore denso, fluviale e vitalissimo. Corporale e fantasmatica, la sua presenza si fa ancora oggi ammonitrice, eco di una visione filosofica che non respinge le contraddizioni (culturali, sociali, politiche) e corteggia il mistero. Pasolini è uno dei pochi poeti intellettuali del Novecento italiano che del suo fare anima ha fatto coinvolgente, emblematica esperienza esistenziale.
Mettendo in scena la parola del suo teatro ci accorgiamo del suo valore simbolico mai conciliatorio, ricerca incessante di enigmi e lacerazioni, doloroso miracolo laico.
In Pasolini l’eros si fa desiderio di un impossibile conciliazione tra l’ affondare nel gesto amoroso e il rimanerne testimoni osservando il suo svolgersi.
Nell’incessante scambio tra carnefice e vittima, l’autore prova a espandersi fino a rendersi indistinguibile dal personaggio: scrittura che si fa desiderio senza appagamento perché l’appagamento è impossibile.
In questo recit, la posta in gioco è quella di evocare la scommessa pasoliniana. Ovvia allusione all’autobiografia sacrificale, ma anche indicazione del sio mostruoso, tragico vitalismo : gettare il proprio corpo nella lotta (ideologica, certo, ma anche fisica con i soggetti/oggetti delle sue ossessioni erotiche); amore sadomaso per un inferno che, in certe notti, poteva diventare paradiso, come il dolore trasformato in piacere e poi ritornato dolore.
Se questo nostro lavoro, sprofondato in una stanza della tortura senza personaggi né intreccio, né fondali, vi apparirà immediato
come un sogno allora sarà teatro (o forse no).
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VERSO SADE di Umberto Cantone
“L’essenza delle opere di Sade è la distruzione: non solamente la distruzione degli oggetti, delle vittime messe in scena (che vi si trovano solo per soddisfare la furia negatrice), ma anche dell’autore e della sua stessa opera”.
Georges Bataille, La letteratura e il Male, Milano 1987, SE edizioni
“Oratorio: Componimento poetico-musicale di soggetto religioso in cui si fondono i tre generi, epico, lirico e drammatico, architettonicamente imponente nel suo sviluppo estetico e spirituale per il dialogo dei personaggi e la sua fusione con il coro in una azione drammatica, scenica e rappresentativa”.
Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Vocabolario della lingua italiana
A partire da Bataille e Klossowski, i generosi esegeti della scrittura sadiana, verso il centro sempre decentrato di un corpus letterario irresistibilmente oscuro.
Un riflesso di Sade in forma oratoriale: cerimonia sprofondata in un atelier museale, una volta luogo di azioni definitive, che si anima di figure colte in un estremo trasfigurante gesto di autorappresentazione.
Indizi di confessioni: quando si parla in versi, quello che si dice al presente è già passato, e viceversa. Illusionismo spirituale: in questa cerimonia (laica, sì, ma religiosissima per intensità e terrore) niente di quello che si fa è quello che si immagina.
Colpo di scena: la prospettiva fin qui delineata si rovescia quando entra Madame, la nuova visitatrice, in attesa di confessare il proprio desiderio incestuoso. Ma è una illusione.
Questo spettacolo, che si esercita sul tracciato della machinerie sadiana, va a chiudere il discorso iniziato con Del classico P.P.P. – Un recital. Un dittico, quello del Pasolini/Sade, pensato come omaggio a una dimensione della parola che si fa sfida bruciante a ogni schematismo (esistenziale, sociale, ideologico) ribadendo quanto sia necessario l’accendersi della ragione e dei sensi nel dialogo incessante che ognuno di noi intrattiene al manifestarsi delle proprie pulsioni. Il nulla che opprime e redime si fa portatore di eros, lo costringe a parlare di sé. E questa costrizione si fa teatro.
Attraverso la prospettiva batailliana, qui Sade è il teatro allo stato puro. Teatro che si fa approdo di tutti i nostri più privati e insondabili punti di fuga.
Risorge così il problema doloroso del sentire oltre la ragione. Un sentire che ci terrorizza e ci ammalia, ogni volta che la sua rappresentazione ci mette di fronte quel limite che, da umani, non possiamo che ostinarci a sfidare.
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