venerdì, 13 Settembre 2024

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Amleto di Carmelo Bene (da Shakespeare a Laforgue) – Programma di sala del 1975

Amleto di Carmelo Bene (da Shakespeare a Laforgue) – Programma di sala del 1975

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Tipologia:  Brochure teatrale - Teatro: Amleto di Carmelo Bene (da Shakespeare a Laforgue). Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Alfiero Vincenti, Luigi Mezzanotte, Lydia Mancinelli, Franco Leo, Paolo Baroni, Benedetta Buccellato, M.Novella De Cristofaro, Massimo Fedele, M.Agnès Nobécourt, M.Luisa Serena, Marina Tagliaferri, Vera Venturini. Produzione: Compagnia "Carmelo Bene". Teatro Metastasio di Prato, 8 / 14 ottobre 1975

Pubblicazione:  Programma di sala in occasione della terza edizione dell' "Amleto" di Carmelo Bene ("Amleto - da Shakespeare a Laforgue)

Editore:  Compagnia "Carmelo Bene s.r.l."

Origine:  Roma, 1975 (data non indicata)

Pagine:  32

Caratteristiche:  Brossura in rosa con titoli in bianco e in nero. Con all'interno 1 illustrazione che riproduce la locandina dello spettacolo

Dimensioni:  cm. 24 x 16

Note: 

Programma di sala di Amleto di Carmelo Bene (da Shakespeare a Laforgue), edito dalla Compagnia “Carmelo Bene” in occasione della prima al Teatro Metastasio di Prato nell’ottobre 1975 (stampa: ORMAgrafica s.r.l. di Roma). All’interno sono presenti brani del testo di Carmelo Bene e il saggio L’arte cancellata di Maurizio Grande. L’unica illustrazione è la riproduzione della locandina dello spettacolo. Altre repliche furono allestite a cavallo tra ottobre e novembre dello stesso anno al Teatro Manzoni di Milano.

«Vedrete lo spettacolo più ricco e costoso dell’anno. Niente toni cupi. Prometto divertimento pieno, circo, luna park. Nessuno pensi al “prence” pallido e triste di Scaparro o di Olivier. Tutto sarà rosa shocking come la copertina del programma di sala.» (Carmelo Bene, dichiarazione rilasciata a Donata Righetti, in Il Giorno, 28 ottobre 1975)

 

« Carmelo Bene, cinque Amleti in quindici anni, dalla dissacrazione di Shakespeare al recupero delle meditazioni simboliste sul tema condotte a fine Ottocento da Jules Laforgue, poeta triste: e oggi l’ultimo Amleto tira le somme, contaminando i due testi scelti con pezzi di Sofocle o con un Polonio dalla finta barba (Paolo Baroni) che sussurra inintelligibili parole di Freud sull’ Edipo. E’ Amleto e Edipo allo stesso tempo il personaggio-sintesi che si aggira sulla scena di questo spettacolo sul teatro, tra bauli di guitti e vecchie attrezzerie. Al centro del mancato dramma c’è la scena della recita degli attori a corte (per rievocare l’assassinio del padre di Amleto), riproposta dalla presenza ossessiva e ansiosa dell’attrice Lydia Mancinelli: ma la recita neppure avrà luogo, perché di fatto coincide con lo stesso spettacolo. Carmelo Bene non interpreta il personaggio, ma si sdoppia e si critica; crea l’azione come un regista a vista, suggerisce o impresta battute, e si rimette in questione fino a rinnegare recitando l’impianto registico. Come personaggio è aldiquà dell’azione (il suo Amleto-Edipo non uccide neppure il padre), ma come attore, entrando e uscendo dalla parte, giocando su un nitidissimo altalenare di toni, è aldiquà di un’interpretazione che intende distruggere. Il suo è un messaggio di totale negatività, e non soltanto perché alla fine, mentre anche gli altri attori vengono sepolti nei bauli, anche il Laerte di Luigi Mezzanotte, anche il Claudio di Alfiero Vincenti, sopravvive in un bianco deserto soltanto l’armatura metallica del nuovo re, Fortebraccio, simbolo vuoto del potere. Ci sarebbe da chiedersi perché la grandezza dell’attore Carmelo Bene, qui al suo massimo, un attore che oggi nella sua lucida capacità di stracciamento e di delirante abbandono non ha uguali in Italia, ha bisogno di un fastoso involucro decorativo. Tra splendide luci, un sound ricercatissimo, la ricchezza di costumi rigonfi, la sua disperazione di Pierrot Lunaire ci arriva in una sontuosa confezione consumistica. Ma anche queste scenografie ruotanti, alternando quadri tutti bianchi a quadri tutti neri, servono a scandire, insieme al fiotto sonoro intermittente, la progressiva scomposizione del testo. Mentre questo si vanifica, mentre i personaggi perdono di contorno davanti ai loro doppioni, la scena rimane intatta, diversamente dai tempi eroici di Il rosa e il nero; ma solo per celebrare la sua inutilità di morta forma, in una danza di effetti compiaciuti e accademicamente belli, gettati via come i versi e la poesia di Laforgue. »

(Franco Quadri, recensione del 13 novembre 1975 in occasione di Amleto di Carmelo Bene allestito al Teatro Manzoni di Milano a fine ottobre, in Franco Quadri, La politica del regista – Teatro 1967-1979, Milano, Edizioni Il Formichiere, 1980)

 

Le immagini fotografiche in Galleria si riferiscono alla versione televisiva dello spettacolo, realizzata da Carmelo Bene nel 1974 e andata in onda nel 1978

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