mercoledì, 18 Settembre 2024

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Chaplin e l’immagine – Catalogo italiano 2007

Chaplin e l’immagine – Catalogo italiano 2007

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Autore:  Sam Stourdzé (curatore dell'edizione originale) e Cecilia Cenciarelli (curatrice dell'edizione italiana)

Tipologia:  Catalogo di esposizione con scritti e illustrazioni

Film di riferimento:  In occasione dell'esposizione "Chaplin e l'immagine" (Bologna, Sala Borsa, 1 giugno - 30 ottobre 2007) organizzata dalla Cineteca del Comune di Bologna

Editore:  Le Mani - Microart's Edizioni / Cineteca di Bologna

Origine:  Recco - Genova

Anno:  2007 (maggio)

Caratteristiche:  Brossura con alette illustrata da una fotografia in bianco e nero (ritratto di Charles Chaplin da giovane). Con all'interno 248 illustrazioni fotografiche in bianco e nero e a colori (fotografie di scena e di set, pubblicazioni pubblicitarie, frontespizi di riviste e altro materiale iconografico )

Edizione:  Prima

Pagine:  264

Dimensioni:  cm. 29, 3 x 22

Note: 

Catalogo italiano della esposizione Chaplin e l’immagineorganizzata dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con l’ Association Chaplin, dal 1 giugno al 30 ottobre del 2007. Il catalogo originale per l’esposizione Chaplin et les images / Chaplin in Pictures è stato curato dallo studioso Sam Stourdzé. Questa edizione italiana è  curata, assieme alla traduzione dei testi, da Cecilia Cenciarelli. Pubblicata da Le Mani-Microart’s Edizioni di Recco-Genova e da La Cineteca di Bologna nel maggio del 2007. Design di Nino Comba. Nel volume sono presenti 248 illustrazioni che riproducono gran parte dei materiali dell’esposizione: fotografie di scena e di set, bozzetti e storyboards, fotografie private di Chaplin, diari di lavorazione dei suoi film, materiali pubblicitari, frontespizi e contenuti di riviste dedicate a Chaplin, disegni e composizioni di artisti su Chaplin e altro.   INDICE Chaplin e la sua immagine di Sam Stourdzé  /  I disegni di scena dei Chaplin Studios di David Robinson  /  1952: Chaplin a Roma /  La fragile tregua. Epifania di un mito e Guerra Fredda di Silvio Celli  /  La contessa di Hong Kong  /  Un set strettamente sorvegliato di David Secchiaroli  /  Osservando Chaplin dirigere The Countess from Hong Kong di Kevin Brownlow  /  Il personaggio – Il cineasta – La celebrità – L’impegno – La parola  /  Filmografia

Sinossi: 

« (…) Passando rapidamente in rassegna i movimenti delle avanguardie europee degli anni Venti e Trenta si ha la conferma del fascino che Chaplin esercitava sugli artisti, e di come sia stato un’inesauribile fonte di ispirazione  per tutti coloro che avevano deciso di scuotere la vecchia cittadella dell’arte dalle fondamenta. Il polacco Mieczyslaw Berman realizzò almeno tre collage dedicati a Charlot, uno dei quali incntrato sull’ambiguità del doppio. Charlot si nasconde dietro Chaplin, il suo bastone da passeggio trasformato nell’asta della bandiera americana. Podsadeki, compatriota di Bermsan, mescolò disegno e collage: attratto dalle dinamiche del movimento, sostituì le gambe di Charlot con una grande molla. In un disegno a china dell’italiano Paladini la silhouette di Charlot si moltiplica come in una sequenza cinematografica. Nel 1923 la russa Stepanova disegna uno Charlot meccanico declinato in diverse figurine per la rivista costruttivista “KinoFoto”. I cechi Karel Teige e Evzen Markalous o l’artista del Bauhaus Làzló Moholy-Nagy pongono al centro dei loro collage la figura di Charlot ritagliata dalle riviste. Agli inizi del sello, la diffusione dei processi di riproduzione fotomeccanica aveva stimolato le ambizioni della nascente stampa illustrata, trasformando le riviste in veri e propri laboratori di ricerca e sperimentazione visiva. La rivista francese “Vu” si inscriveva in questa logica: pur attenti alle aspettative del grande pubblico, i suoi direttori Lucien Vogel e Carlo Rim desideravano sovvertire le regole topografiche classiche, dall’impaginazione alle illustrazioni. Nel 1931 “Vu” dedicò un numero speciale a Charlie Chaplin: un ritratto composito di diciassette pagine. Il trattamento della copertina andò dritto al dunque: riquadrando in maniera estrema un classico scatto di James Abbe, metteva in risalto i tratti essenziali della figura di Charlot. concentrandosi sul viso – dalla fronte al labbro inferiore – l’immagine, spogliata da ogni contesto, rinuncia ai tratti tipici di Charlot. Solo i baffi riconducono a lui. Messo a nudo, bocca chiusa e sguardo penetrante, Chaplin fissa il lettore. L’effetto è avvincente, affermazione radicale di una nuova visione. In un ritratto del 1921 Erwin Blumenfeld aveva già rivelato apertamente la sua predilezione per Chaplin, fino a proclamarsi “Presidente – Dada – Chaplinista”. Nel corso degli anni Venti la sua passione per l’attore s’intensificò e Blumenfeld arrivò persino a ritrarlo sulla croce, in tre diverse occasioni, in una serie laconicamente intitolata Charlot come Christus. Nella versione più riuscita, un collage del 1921, il contesto attorno alla croce sulla quale è inchiodato Charlot lascia sorpresi: parole e simboli alla rinfusa, tra cui “religione”, una svastica, la stella di David e la rappresentazione dello yin e lo yang. Considerando la dat dell’opera, sarebbe forse eccessivo attribuire al collage la premonizione dell’impegno politico che condurrà Chaplin a realizzare The Great Dictator, ma è indubbio che Blumenfeld tracciò i contorni di un personaggio la cui notorietà veniva all’epoca paragonata a quella di Cristo, un personaggio veicolato dal mezzo cinematografico che sarebbe stato progressivamente respinto fino a diventare un martire dell’epoca moderna. I surrealisti riservarono al piccolo vagabondo lre migliori attenzioni. Chi meglio di Charlot poteva mettere in atto la definizione di Lautréamont, assunta come slogan dagli amici di Breton “bello come il fortuito incontro, su un tavolo anatomico, di una macchina da cucire e di un ombrello”. Fu grazie ad Apollinaire che nel 1916 Fernand Léger scoprì i film di Charlot dai quali rimase profondamente colpito. Nel 1920 Léger illustrò il “poema cinematografico” di Ivan Goll, Die Chapliniade, realizzando quattro incisioni in cui il corpo di Charlot è una macchina immortalata nell’atto di esplodere. Léger sviluppò ulteriormente questa idea, imbarcandosi nella realizzazione di un film d’animazione intitolato Charlot cubiste. Una delle tre versioni della sinossi descrive l’amore impossibile tra la Gioconda e Charlot:

« 26. Incontro con la Gioconda. Silenzio. Pausa. Osservazione. / 27. Charlot  ha fatto colpo. La Gioconda perde la testa. / 28. Guardandola, il volto di lei assume dei tratti cubisti, ma non per molto. / 29. Charlot si allontana sdegnoso… / 30.  La Gioconda innamorata lo segue con la sua cornice sotto il braccio per dichiarargli il suo amore ardente… ».

Su dei pannelli articolati in legno, Léger realizza tre o quattro personaggi che filma immagine per immagine per ricreare l’illusione del movimento. rendendosi conto del lavoro titanico che la realizzazione del soggetto avrebbe richiesto, Léger completerà solo due sequenze di Charlot cubiste che inserirà nel 1924 in Ballet Mécanique. Il film sperimentale di Léger viene introdotto da una didascali che recita “Charlot presenta Ballet Mécanique”. In ogni sequenza Léger ci mostra un personaggio il cui corpo è ridotto a un meccanismo. Charlot cubiste è un movimento, una dinamica, un oggetto che gira su se stesso con arti disarticolati. In un disegno più tardo, Fernand Léger tornò sul suo soggetto. La Gioconda è nuovamente innamorata di Charlot. Si suicida, ma Charlot se ne va, se ne infischia… Anche Léger fu conquistato dalla bellezza plastica del corpo meccanico di Charlot.

I movimenti di avanguardia adoravano Charlot. Esperto nella falsificazione del reale, egli diventò, attraverso il cinema, proiezione della sua stessa immagine; un tempo maestro nell’arte della pantomima, simboleggiava la figura eterna del clown, parte di una tradizione secolare. Coniugando questi due elementi, Chaplin creò un “dizionario dei gesti”, inventando un mondo in perpetuo movimento, un mondo in cui le cose parlano più degli uomini, in cui gli oggetti diventano degli interlocutori privilegiati. Charlot incarnò una modernità che attingeva la sua ispirazione da fonti mutuate al contempo dalla nuova cultura popolare e da una ventata di idee nuove.  »

( da Chaplin e la sua immagine di Sam Stourdzé, pubblicato nel catalogo )

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