Una vita violenta di Pier Paolo Pasolini – Prima edizione
Autore/i:  Pier Paolo Pasolini
Tipologia:  Romanzo
Editore:  Garzanti
Origine:  Milano
Anno:  1959 (27 aprile)
Edizione:  Prima edizione
Pagine:  392
Dimensioni:  cm. 19,9 x 13,5
Caratteristiche:  Legatura tela, sovraccoperta illustrata a colori da Fulvio Bianconi con ritratto fotografico in bianco e nero dell'autore al secondo risvolto
Note: 
Prima edizione di Una vita violenta, secondo romanzo di Pier Paolo Pasolini. Una terza edizione, con alcune varianti, fu pubblicata tre mesi dopo la prima di aprile, seguita da altre due edizioni nello stesso anno.
Sinossi: 
Tommaso Puzzilli è un ragazzo nato e cresciuto nella “Piccola Shangai”, il villaggio di baracche di Pietralata, sule rive dell’Aniene. Figlio del sor Torquato, “scopino” municipale, e della sora Maria, popolana sfinita dagli stenti, ha tre fratelli: uno maggiore, col quale si ignorano, e due, Tito e Toto, ancora bambini. La sua vera famiglia, però, è la combriccola degli altri ragazzi della borgata: piccoli delinquenti abbrutiti dalla miseria, dalla violenza e dalla condizione di sottoumanità in cui vivono fin dalla nascita. Con questi compagni, tutti fanatici nostalgici del Duce – Lello, il Zimmìo, Ugo, il Cagone, il Budda, Carletto, il Zucabbo, il Matto e altri –, egli trasforma le sue giornate in un’unica, esaltante avventura. Infatti, se non vanno “a rimedià ‘a grana” facendo “i ragazzi di vita” o inscenando manifestazioni davanti agli alberghi che ospitano stranieri invisi ai fascisti, Tommaso e soci ne combinano di cotte e di crude. Una sera rubano un’auto, vendono le valigie del bagagliaio a un ricettatore (dal quale ottengono in pagamento del denaro e una pistola) e, dopo aver cenato e bevuto in una trattoria, «ubriachi fino all’ossa», scorazzano per le vie notturne di Roma; aggrediscono e rapinano, poi, un paio di benzinai, irrompono in una sala da ballo di periferia e costringono l’orchestrino a uscire in strada e ad attendere l’alba con loro suonando marchette fasciste; infine, scappano alla vista di alcuni metronotte e raggiungono il capolinea del tram per la borgata: e qui, Lello, saltando sul tram in corsa, finisce sotto le rotaie e ha una mano e un piede ridotti a «un mucchietto tutto maciullato d’ossa e di sangue». La disgrazia di Lello, tuttavia, non induce Tommaso a cambiare vita. Benché si sia innamorato di Irene, una ragazza della borgata, «bassetta, ma grossa, robusta, quasi come un maschio», egli continua a frequentare la combriccola, a partecipare alle imprese balorde e ladresche che essa compie. Si modera, si propone di mettere la testa a partito, comunque, soltanto quando, casualmente (aveva trascorso il pomeriggio con Irene e la notte in casa di un amico pesciarolo), evita il carcere. Nel quale, invece, è finita tutta la combriccola, per avere preso parte, con i baraccati, alla «battaglia di Pietralata»: una specie di rivoluzione , conclusasi a notte fonda con arresti di massa, che aveva impegnato i borgatari contro la polizia, venuta per mettere le manette al Cagone. Ma le buone intenzioni di Tommaso sono destinate a rimanere tali, in quanto la sua realtà di poveraccio non può essere modificata da un giorno all’altro: sicché, per procurarsi un po’ di “grana” e assicurarsi un minimo di sopravvivenza, egli è costretto a ritornare, saltuariamente, a fare il “ragazzo di vita” o a tentare qualche “colpetto”. Intanto, si incontra con gli amici usciti dal carcere; col Zimmìo e Carletto (che suona la chitarra e canta ispirato, «con le sopracciglia spioventi»), porta una serenata sotto la finestra di Irene. È in questa occasione che si azzuffa con alcuni giovinastri di una banda rivale, ne accoltella uno e, arrestato e processato, viene condannato a due anni di reclusione. Scontata la pena e ritornato in libertà, scopre che la sua famiglia ha ottenuto un alloggio dell’INA case e vi si è trasferita; apprende anche che Tito e Toto sono morti. Stavolta vuole davvero rigare dritto: trovare un lavoro, sposare Irene e vivere onestamente. Settimio, l’amico pesciarolo, lo assume come suo aiutante al mercato del pesce. Adesso, insieme con Irene, progetta un sereno avvenire piccolo-borghese. Non ha fatto i conti, tuttavia, con la sfortuna: un attacco di tubercolosi lo spedisce al sanatorio. Dove, durante uno sciopero degli infermieri, si distingue negli scontri fra polizia e malati e solidarizza con i sindacalisti comunisti. Dimesso dal Forlanini, si iscrive al partito comunista. Subito dopo, per la pioggia torrenziale, l’Aniene straripa e inonda la “Piccola Shangai”, ne sommerge le baracche. Fra i primi soccorritori, Tommaso salva, a rischio della propria vita, una prostituta. Il suo eroismo, però, gli vale una nuova aggressione della tubercolosi e il ricovero d’urgenza al Policlinico. È gravissimo, tanto che i medici, di lì a qualche giorno, concederanno alla famiglia il permesso di riportarselo a casa: «Come Tommaso rifù nel suo lettino, gli sembrò quasi di stare un po’ meglio. In fondo in fondo ancora non l’avevano benedetto; da qualche ora la tosse gli si era fermata, e aveva pure chiesto alla madre un po’ di quella marsala che gli aveva portato Irene. Ma poi, come diventò notte, si sentì peggio, sempre di più: gli prese un nuovo intaso di sangue , tossì, tossì, senza più rifiatare, e addio Tommaso».
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