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Riviste, foto e rarità. L’oro del critico con la dedica di Capra

Riviste, foto e rarità. L’oro del critico con la dedica di Capra

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Tipologia:  Articolo

Testata:  La Repubblica, ed. Palermo

Data/e:  25 ottobre 2014

Autore:  Umberto Cantone

Articolo: 

Fra i tanti, piccoli miracoli che il lavoro intellettuale sa provocare, c’è quello di far vivere le cose su cui tale lavoro si è esercitato come se fossero idee, oltre il tempo di colui alle quali sono appartenute, trasformandole in un patrimonio di sentimenti e di conoscenze utile alla collettività.

L’iniziativa del Fondo Gregorio Napoli, di cui ieri si è celebrata, nella Sala delle Capriate allo Steri e alla presenza delle massime autorità dell’Ateneo palermitano, la cerimonia di donazione, più che chiudere un cerchio lo apre.

Si tratta di uno dei fondi privati che alimenta il progetto del Polo Culturale Internazionale del Cinema e dello Spettacolo, condotto dal Laboratorio Universitario Multimediale “MicheleMancini” (LUM) di cui si è fatto promotore luminoso Renato Tomasino, teorico e docente di storia dello spettacolo che da decenni insegue il sogno di un Centro Studi dello Spettacolo fondato su un archivio.

Un sogno al quale ha regalato la sua adesione Eliana Lo Castro, moglie e collega del critico cinematografico scomparso nel 2010, ora donatrice della preziosa mole di volumi, riviste, manoscritti, fotografie, litografie e disegni che per anni hanno riempito fino all’orlo le passioni e le curiosità del marito.

Chiunque lo abbia letto e frequentato sa bene che Gregorio Napoli non è stato soltanto l’appassionato ed estroso recensore di film sulle colonne del Giornale di Sicilia, a partire dal 1963, e delle tante riviste alle quali fornì, fin dagli anni ’50, i suoi puntuali articoli, ispessiti da scrupoli filologici e interpretativi (ne fa testimonianza il saggio su Jean-Luc Godard ripubblicato in occasione della cerimonia).

È stato anche un operatore culturale generoso e competente (all’epoca dei primissimi cineclub), un umanista intransigente, e un coriaceo militante della critica quando questa si praticava con sguardo lungo e studi sicuri, confrontandosi con ideali e ideologie che pretendevano conoscenze poliedriche a cospetto di autori giganteschi, scritture di primordine e officine d’alta scuola, nel fertile territorio del cinema aperto alle altre arti.

Per questi motivi, la biblioteca appartenuta a Gregorio, il patrimonio donato, sorprende per varietà oltre che per vastità. Se ne può visitare la parte già traslocata nella sala a lui dedicata al Piano Nobile di Palazzo Cutò a Bagheria, da tempo sede del LUM. Lì è stato ricostruito, con dovizia “archeologica”, il suo studio con l’originale scrivania ora sgombrata e, in bella mostra, l’Olivetti Lettera 44 che è stata il suo strumento di scrittura. Questi reperti cartacei, tutti amorevolmente conservati e selezionati dalla moglie Eliana, raccontano di un tragitto intellettuale frastagliato e compulsivo, di un’ansia enciclopedica e di un mestiere meditato con costante entusiasmo.

E dunque, accanto ai tomi dell’Enciclopedia dello Spettacolo e ai Filmlexicon di opere e registi, accanto alle raccolte di monografie cinematografiche (gli indispensabili “Castorini” tra le altre) e di cataloghi dei tanti festival frequentati da inviato negli anni d’oro di Venezia e Cannes, si trovano in quegli scaffali rare edizioni di saggi filosofici e sociologici, di letteratura, d’arti figurative, di economia e di giurisprudenza (preziosi gli scritti di Piero Calamandrei), insieme a molti numeri memorabili delle riviste culturali “Nuova Antologia” e “Nuovi Argomenti”, testimonianza della vitalità trascorsa della prosa critica italiana.

Tra le “riviste specialistiche” non mancano intere annate di “Cinema”, di cui fu pure direttore Vittorio Mussolini, figlio del duce e cinefilo incallito, fascicoli graficamente accuratissimi dove trovarono espressione cineasti e teorici all’esordio, di certo non tutti fascisticamente allineati, come Alvaro, Cecchi, Arnheim e Visconti, Antonioni, Lizzani. E da sfogliare sono pure le pagine di “Bianco e nero”, ai suoi tempi periodica palestra del dibattito critico su visioni contrapposte di estetiche cinematografiche e non solo, fondata dallo studioso Luigi Chiarini, di cui Gregorio Napoli fu amico anche nel periodo in cui questi diresse, tra aspre contestazioni, il festival di Venezia.

Come amico è stato pure di Guido Aristarco, l’animatore marxista di “Cinema Nuovo” (altra rivista storica presente nella lista del fondo) del quale sposò, più che la temperatura ideologica, il metodo analitico e il ricorso a un citazionismo rigorosamente documentato, modi di un fare critica che considerava il film come opera d’arte, in grado se non di cambiare il mondo almeno d’intercettarne condizioni e mutamenti.

Parte integrante del lascito ormai pubblico, trasferito in 130 scatole da casa Napoli a Bagheria (e il cui rimanente corpus dovrà essere collazionato e catalogato), sono inoltre un folto epistolario, i non pochi manoscritti, le pile di recensioni, le tante fotografie di convegni e mostre accanto a quelle con dedica autografa (di Frank Capra, Blasetti, Visconti, Sergio Leone).

E poi i deliziosi artwork del pittore agrigentino Andrea Carisi raffiguranti icone femminili del cinema da Marilyn a Marlene.

Sono tutti materiali, questi, che invitano a un’immersione rigenerante. Sono la testimonianza della vivace esperienza intellettuale di Gregorio Napoli, della sua personalità originale che lo spinse al confronto, anche irrituale ed eccentrico, con lettori e spettatori (fino agli autoironici exploit nei set della Cinico Tv di Maresco e Ciprì).

Sono la porzione indispensabile del progetto di un Centro Studi che attende la necessaria ratificazione istituzionale e che ha ricevuto, in occasione della cerimonia di ieri, il convinto sostegno di artisti e intellettuali. Tra questi c’è Giuseppe Tornatore che ha già una stanza, attigua a quella di Gregorio, in questo Palazzo di Bagheria dove le cose vissute trovano l’occasione di generare idee nuove.

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