Quando Pasolini giocò a Trapani
Tipologia:  Articolo
Testata:  La Repubblica, ed. Palermo
Data/e:  29 dicembre 2013
Autore:  Umberto Cantone
Articolo: 
In un fascicoletto edito quest’anno da Stampa Alternativa e diventato subito introvabile, il saggista trapanese Salvatore Mugno racconta di una partita di calcio del 4 maggio 1975 organizzata, per scopi benefici nella sua città, da un gruppo di morotei della Dc che fu. Quella domenica mattina, allo Stadio provinciale, si affrontarono la Nazionale Cantanti e Attori e una formazione locale di vecchie glorie del pallone. Erano attesi come giocatori il divo Franco Franchi, il cantante di grido Gianni Nazzaro e il beniamino dei fotoromanzi Franco Gasparri. Questi diedero buca, e al pubblico sugli spalti non restò che accontentarsi della presenza di Don Backy, l’anti-Celentano, del palermitano Antonio Sabàto, protagonista di poliziotteschi e, insieme al fido Ninetto Davoli, del poeta-regista Pier Paolo Pasolini, a quei tempi bersagliato per le sue polemiche di Corsaro del “Corsera”, ma noto al popolino come eccentrico pederasta e autore di film scabrosi. Che per l’ala destra Pasolini quella sia stata “l’Ultima partita” (come vuole il titolo della pubblicazione) prima dell’imminente martirio a Ostia, lo smentisce la cronaca di un altro incontro della stessa Nazionale avvenuto, con lui in campo, allo Stadio di San Benedetto del Tronto il 14 settembre dello stesso anno fatale. Poco importa, dato che quella partita trapanese è diventata un mito per quei fortunati spettatori in preda allo scirocco, davanti ai quali l’agile intellettuale 53enne indossò la maglia di capitano, producendosi sul campo in scatenate marcature, doppi passi e triangolazioni.
Accompagnato dal padre, l’allora dodicenne Mugno fu un testimone acerbo dell’evento. Nel suo diario, illustrato da foto ricordo, egli non si limita a ricostruire col senno di poi le fasi dell’incontro, vinto dagli “artisti” per un accordo preso negli spogliatoi. In questa sua sintetica memoria, è pure rievocato il clima euforico di quei giorni quando l’ombroso Pier Paolo fu braccato sia dai curiosi davanti all’Hotel Tirreno dove soggiornava (operai e muratori ma anche ragazzi di vita pronti ad allungare bigliettini con recapiti agognando un provino cinematografico), sia dalla polizia che voleva arrestarlo, alle due del mattino, mentre vagava con Ninetto a bordo di un’auto presa a nolo e senza documenti. Sulla passione sportiva di PPP molto si è scritto. Sosteneva che il calcio è un linguaggio e che i giocatori si distinguono in poeti e prosatori. Ma il suo riferimento più toccante sul tema è in una lettera del 1943 nella quale l’allora giovane scrittore chiede all’amico Sergio Telmon se ha ancora “quel vecchio pallone da vendere”, poi concludendo amaramente: “Gli uomini sono una palude dove affondiamo”. Chissà se quel giorno di Maggio, mentre giocava, anche quel campetto a Trapani è apparso a Pasolini come una palude da cui poter spiccare l’ultimo volo.
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