Poesie a Casarsa di Pier Paolo Pasolini – Prima edizione 1942
Autore/i:  Pier Paolo Pasolini
Tipologia:  Raccolta di poesie
Editore:  Libreria Antiquaria Mario Landi
Origine:  Bologna
Anno:  1942 (14 luglio)
Edizione:  Prima
Pagine:  48
Dimensioni:  cm. 19,6 x 14,7
Caratteristiche:  Brossura con fregio di colore rosso, titoli in nero
Note: 
Prima pubblicazione di Pier Paolo Pasolini. Si tratta di una raccolta di poesie in dialetto friulano (con traduzione italiana) stampata in carta vergata, a spese dell’autore, dalla Libreria Antiquaria Mario Landi di Bologna. Il volume, uno dei pochissimi pubblicati in dialetto durante il fascismo, è stato finito di stampare il 14 luglio 1942 presso l’Anonima Arti Grafiche in Bologna.
La copia in archivio è la numero 43 delle 300 numerate
Poesie a Casarsa è una raccolta di 14 componimenti in versi scritti da Pasolini nel dialetto materno e dedicati al padre nel frontespizio. I versi vengono pubblicati in dialetto friulano in questa prima edizione del 1942 e, in seguito, appaiono nel volume La meglio gioventù con la traduzione in italiano curata dallo stesso autore.
L’opera è stata subito notata e recensita da Gianfranco Contini nel saggio Al limite della poesia dialettale, uscito sul «Corriere del Ticino» il 24 aprile del 1943. Contini consacra Pasolini poeta, rilevando le qualità linguistiche di Poesie a Casarsa ed evidenziando in particolar modo l’uso del dialetto di ca da l’aga, della riva destra del Tagliamento: un friulano che inventa una propria koinè poetica, nata dalla necessità di scrivere una lingua che fino ad allora era solo parlata.La scelta del dialetto friulano come lingua della poesia diventa emblema della sfida di un giovane intellettuale nei confronti del «padre reale» e del «padre potere», accogliendo, con le esigenze di rinnovamento poetico, la suggestione di nuove aperture politiche e sociali.
« Le Poesie a Casarsa rappresentano un primo segno di opposizione al potere fascista e il conseguente tentativo di valorizzare il dialetto, in una società che osteggia l’uso delle lingue barbare poiché proprie delle masse rurali e in cui anche la sinistra predilige l’uso della lingua italiana. “Il fascismo -ha scritto Pasolini- non tollerava i dialetti, segni dell’irrazionale unità di questo paese dove sono nato, inammissibili e spudorate realtà nel cuore dei nazionalisti” »
(da P.P.Pasolini Poeta delle ceneri, a cura di Enzo Siciliano, in «Nuovi Argomenti», Roma, luglio 1980).
Sinossi: 
Il volumetto della Libreria Antiquaria esce nelle vacanze estive del 1942, con dedica al padre ed epigrafe tratta da Peire Vidal («Ab l’alea tir vas me l’aire/Qu’eu sen venir de Proensa:/ Tot quant es de lai m’agensa»). Le poesie sono scritte tra il 1941 e il 1942: sono tutte in friulano, con traduzione italiana in prosa al piede. Quasi tutte (12 su 14) hanno in italiano il titolo, e italiane sono le didascalie che nella seconda sezione (La Domenica uliva) indicano il personaggio che parla (Figlio, Madre). Dai materiali preparatori, oltre che dalla versioni di alcune poesie testimoniate da lettere del 1941 agli amici bolognesi (poesie nate in italiano e poi tradotte in friulano), risulta con evidenza la progressiva “dialettizzazione” della raccolta, concepita inizialmente come libro di poesie italiane, con l’inserto prezioso di qualche testo friulano, e passata a configurarsi, per tappe successive, come raccolta interamente friulana. Si trova così confermata l’intuizione critica di Gianfranco Contini: l’idea, cioè, che il dialetto di Pasolini sia non già una ripresa della tradizione regionale, vernacola, ma uno squisito esercizio felibrista. All’origine di tutto sembra il naufragio di una ambiziosa raccolta di poesie in lingua.
INDICE
I. POESIE A CASARSA
Dedica
Il nìni muàrt
Pioggia sui confini
L’ingannata
O me giovanetto!
Per il «David» di Manzù
Lis litanis dal biel fi
Al fratello
Dilio
Fuga
Per un ritorno al paese
Altair
Canto delle campane
II. LA DOMENICA ULIVA
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