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Lo sbarco alleato visto da Folco Quilici

Lo sbarco alleato visto da Folco Quilici

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Tipologia:  Articolo

Testata:  La Repubblica, ed. Palermo

Data/e:  20 novembre 2016

Autore:  Umberto Cantone

Articolo: 

Benché trascurato più di altri, il tragico capitolo bellico del 1943 in Sicilia non ha ispirato sullo schermo solamente la recente commedia di Pif, tentativo di emulare la formula che fu di Monicelli e Risi. La memoria va innanzi tutto all’acido realismo del Samuel Fuller autobiografico di “Il Grande Uno Rosso” (1980), ma è pure rilevante l’ultima fatica di Folco Quilici, l’ottantaseienne indomito pioniere del documentario narrativo in Italia.

Parliamo di Sicilia ‘43, un efficace montaggio di rari filmati provenienti dagli archivi americani e dell’Istituto Luce, oltre che dalle teche private dello stesso regista. Presentato all’edizione 2015 del Taormina Film Festival e uscito in questi giorni in Dvd, il film enuclea i più emblematici avvenimenti dello sbarco alleato nell’isola quando, in poche settimane tra giugno e luglio (fino alla ritirata dei nazisti da Messina), si consumò la disfatta italo-tedesca e l’inizio della campagna d’Italia.

La voce over di Quilici ci guida a decifrare le impressionanti sequenze dei bombardamenti di Pantelleria, insieme a quelle della controffensiva sostenuta da 198 aerei italiani prima dello sbarco statunitense nel golfo di Gela, dell’incruenta conquista di Palermo da parte della settima armata di Patton accolta dalla popolazione in festa, della battaglia del ponte Primosole alle porte di Catania combattuta a colpi di baionetta assieme a quella che oppose alcune letali schiere di zanzare portatrici di malaria a interi reggimenti di Montgomery difesi da ettolitri di DDT.

Come contrappunto a queste inedite scene dal fronte, scorrono i lacerti dei cinegiornali di regime con il reuccio Vittorio Emanuele impegnato in un siciliano periplo propagandistico che non s’interruppe nemmeno quando a Palermo risuonò l’allarme antiaereo durante la parata.

E in più, il film non esita a documentare, con nuove testimonianze e immagini, quei truci episodi che trasformarono i liberatori americani in occupanti criminali quando a Comiso giustiziarono 36 soldati italiani consegnatisi come prigionieri di guerra, e lo stesso fecero con militari e civili a Piano Stella e a Biscari come ad Acate e a Gela, obbedendo agli ordini di Patton che imponevano di non fare prigionieri mirando alla terza o quarta costola.

Il tono di Quilici si fa allora dolente nel condividere l’inquietudine contenuta nel miglior racconto sul ’43, la Cronachetta siciliana di Nino Savarese, su quella guerra, infinita e incongrua come tutte le altre, dove “chiunque ha un’arma in mano può svelarsi improvvisamente nostro nemico”.

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