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Indovina, il palermitano che stupì Bergman

Indovina, il palermitano che stupì Bergman

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Tipologia:  Articolo

Testata:  La Repubblica, ed. Palermo

Data/e:  4 maggio 2014

Autore:  Umberto Cantone

Articolo: 

Il poeta e sceneggiatore romagnolo Tonino Guerra non si dava pace: «Come fate voi siciliani a non commemorare un talento come Franco Indovina? », domandò una volta al critico Gregorio Napoli.

Per fortuna, a riparare si fa ancora in tempo. E c’è un modo per rendere omaggio al cineasta palermitano scomparso, a soli 40 anni, nell’incidente aereo di Montagna Longa (5 maggio 1972): procurarsi il dvd, recentemente edito dalla Cecchi Gori Home Video, del suo raro “Lo scatenato” (1967), scritto da Guerra e Luigi Malerba e interpretato da Vittorio Gassman.

Nato alla corte di Visconti e poi assistente dei maestri di quegli anni d’oro (Antonioni, Rosi, De Sica), Indovina rivelò gusto sicuro e originalità inventiva fin dall’esordio dietro la macchina da presa con l’episodio “Latin lover” di “Tre volti” (1964), un’occasione doppiamente fortunata perché gli consentì di lavorare con Alberto Sordi e di conoscere la bellissima Soraya, alla quale si legò intimamente conquistando la ribalta “scandalistica”.

Dopo aver diretto Tognazzi in “Menage all’italiana” e prima di “Giochi particolari”, acre apologo sull’alienazione con Mastroianni, l’eccentrico regista palermitano s’imbarcò nell’impresa di una favoletta surreal-kafkiana tutta imperniata sulla figura di un attore di “caroselli” talmente affetto da zoofobia da credersi vittima di ogni specie animale fino a perdere il lavoro, sprofondare nella follia e degradarsi alla condizione di scimpanzè: “Lo scatenato”, appunto.

Il film è appesantito nel ritmo da dialoghi che marcano l’assunto anticonsumista, esibendo però un parossistico impianto visuale con ambienti e scenari che sono un trionfo di arte oggettuale e radical design. Indovina fa inseguire il suo protagonista da un’enorme barattolo di carne Montana che cita la Campbell’s Soup di Warhol e inquadra un water che sembra un ready made di Duchamp. Altro merito del regista è stato quello di affiancare al vulcanico Gassman due giganti in erba: un giovanissimo Gigi Proietti e l’esordiente Carmelo Bene nei panni di un prelato che si muove come Buster Keaton. Lo scontro per strada tra i due mattatori è da comica finale oltre a funzionare come presagio di schermaglie fuori e dentro i palcoscenici futuri.

Per il suo ultimo, sorprendente “Storie dell’anno Mille”, Indovina richiamò sul set il geniale Carmelo. Insieme fecero vibrare l’interesse nientemeno che di Ingmar Bergman, il quale suggerì a Guerra, dopo aver visto il film d’ambientazione medievale, di tenere d’occhio quel cineasta palermitano «too young to die».

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